Author archives: Simone Cirone

Mi chiamo Simone Cirone, e sono il titolare di Evo Sistemi, un'azienda che ho fondato con la passione di portare l'innovazione tecnologica e la trasformazione digitale a un nuovo livello. Nel corso degli anni, ho sviluppato una solida esperienza in vari settori cruciali per il successo online delle imprese.SEO (Search Engine Optimization): Grazie a una profonda conoscenza delle dinamiche dei motori di ricerca, sono in grado di aiutare le aziende a migliorare la loro visibilità online, ottimizzando i contenuti e le strutture dei loro siti web per scalare le classifiche di ricerca.Google Ads e campagne pubblicitarie: Ho una vasta esperienza nella gestione di campagne pubblicitarie online, in particolare attraverso Google Ads. Il mio obiettivo è sempre quello di massimizzare il ritorno sull'investimento per i miei clienti, creando annunci mirati che raggiungono il pubblico giusto al momento giusto.Social Media Marketing: Nel panorama digitale odierno, una strategia efficace sui social media è fondamentale. Aiuto le aziende a costruire la loro presenza online attraverso contenuti coinvolgenti e strategie di marketing personalizzate, sfruttando le potenzialità delle piattaforme social per aumentare la visibilità e l'interazione con i clienti.IT e sicurezza informatica: Con una formazione solida nel settore IT, ho una conoscenza approfondita delle infrastrutture tecnologiche aziendali e della loro gestione. Sono particolarmente attento agli aspetti di sicurezza informatica, garantendo che le soluzioni implementate siano non solo efficienti ma anche sicure, proteggendo i dati sensibili delle aziende da minacce esterne.Con Evo Sistemi, mi impegno a fornire soluzioni complete e personalizzate che aiutano le imprese a crescere e prosperare nel mondo digitale. Credo fermamente nell'importanza di rimanere sempre aggiornato sulle ultime tendenze e tecnologie per offrire il massimo valore ai miei clienti.Se vuoi scoprire di più su come posso aiutarti a portare la tua attività al livello successivo, non esitare a contattarmi.

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Fotovoltaico su tetto condominio: la nuova sentenza del Tar del Lazio

Secondo la nuova sentenza del Tar installare il fotovoltaico sul tetto del condominio è un diritto garantito anche senza l’autorizzazione dell’assemblea a patto che non sia vietato dal regolamento condominiale.

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Se vivi in un condomino probabilmente avrai pensato mille volte alla possibilità di installare un impianto fotovoltaico in grado di produrre elettricità per il tuo appartamento. Il problema però è che proprio trovandoti in un condominio, la superficie a disposizione per installare questo impianto solitamente non è sufficiente. La superficie del tetto di un condominio è infatti in comune con gli altri condomini (ne parliamo anche qui).

Per questo probabilmente ti starai chiedendo se un singolo proprietario di un appartamento può installare impianti di energia da fonti rinnovabili (fotovoltaico) anche sulle superfici comuni del condominio e senza autorizzazioni dell’assemblea condominiale.

La sentenza del TAR del Lazio ha fatto chiarezza proprio in merito a questo ultimo punto. La sentenza infatti ha ribadito ciò che è già stabilito dal Codice civile ovvero il proprietario di un appartamento può installare un impianto fotovoltaico sul tetto condominio anche senza autorizzazioni.

Cerchiamo di capire perché in questo approfondimento.

Il tetto dell’edificio rientra oppure no nella disponibilità del condomino?

Rispondere alla domanda con cui abbiamo intitolato questo paragrafo è fondamentale per capire se il proprietario di un appartamento può installare un impianto fotovoltaico sul tetto del condominio anche senza autorizzazioni. D’altronde la sentenza del TAR del Lazio è arrivata proprio a seguito di un caso del genere.

Il caso in oggetto si riferisce infatti ad un impianto fotovoltaico realizzato sul tetto di un condominio di Cuneo nel 2012. Il proprietario di questo impianto aveva anche ottenuto l’autorizzazione all’installazione da parte del Comune a patto che

”l’ opera fosse aderente o integrata nel tetto dell’edificio con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificassero la sagoma dell’edificio stesso”.

A questo punto, il condomino aveva richiesto al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) il riconoscimento degli incentivi previsti. A quel tempo infatti vigeva il il decreto prevedeva incentivi per gli impianti fotovoltaici entrati in esercizio tra il 31 maggio 2011 e il 31 dicembre 2016.

Dopo un primo parere positivo, il GSE, aveva poi in un secondo momento rifiutato la richiesta. A seguito di una verifica infatti aveva ritenuto che il fotovoltaico sul tetto del condominio fosse realizzato abusivamente da parte del condomino. In sostanza, secondo il GSE, il tetto del condominio non rientrava sulla disponibilità del condominio almeno secondo quanto previsto dal regolamento condominiale. Quindi, nel 2014, il GSE provvedeva a fare decadere gli incentivi precedentemente assegnati.

A questo punto al proprietario dell’appartamento non è rimasto altro che rivolgersi al TAR del Lazio per avere giustizia e riottenere gli incentivi promessi e poi sottratti.

Si può installare un impianto fotovoltaico sul tetto del condominio per uso personale.  Ecco le condizioni da rispettare

Chiamato in causa, il Tar del Lazio, non ha potuto fare altro che stabilire per che il singolo proprietario di un appartamento è possibile installare il fotovoltaico sul tetto condominiale (sentenza 15948/2022). Secondo il Tar infatti, l’articolo 1122 bis c.c., aggiunto con la legge n. 220 dell’11 dicembre 2012, e quindi entrato in vigore prima dell’adozione dei provvedimenti impugnati, consente espressamente a ogni condomino di installare

 “impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinate al servizio di singole unità sul lastrico solare, su ogni altra superficie idonea comune e sulle parti di proprietà dell’interessato.”

L’assemblea condominiale pertanto non può negare l’installazione di un impianto da fonte di energia rinnovabile. O meglio, può farlo solo nel caso in cui questo intervento comporti modificazioni alle parti comuni. L’assemblea può quindi bloccare i lavori per l’installazione del fotovoltaico sul tetto del condominio solo se fornisce la prova che la posa dei pannelli leda al decoro architettonico dell’edificio oppure ne comprometta la stabilità o la sicurezza.

Nel caso esaminato dal Tar del Lazio però l’assemblea condominiale non ha fornito nessuna di queste prove. Pertanto al condomino sono stati ingiustamente negati gli incentivi ed è giusto che li riottenga.

Conclusioni

La sentenza del TAR del Lazio sull’installazione di un impianto fotovoltaico sul tetto del condominio ha di fatto ha ricordato quanto già stabilito dal Codice civile.

Se i lavori per l’installazione di tale impianto non comportano una modifica delle parti comuni, una delibera dell’assemblea, anche approvata a maggioranza, non ha il potere di impedire l’installazione di questi impianti. Questo anche nel caso in cui tali impianti siano destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà dell’interessato.

L’unico modo per impedire l’installazione di tali impianti è che il regolamento del condominio approvato all’unanimità (quindi non l’assemblea), specifichi l’impossibilità di un uso del genere delle parti comuni. Questo impedimento però, nel caso preso in esame dal Tar del Lazio, non era indicato.

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Quanto dura un impianto fotovoltaico?

Quanto dura un impianto fotovoltaico? Quali sono i fattori che incidono sulla durata dei moduli fotovoltaici?

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I costi dell’energia sono aumentati a dismisura. Pagare le bollette dell’elettricità e del gas potrebbe essere diventato insostenibile per te e per la tua famiglia. Per questo stai pensando di installare un impianto fotovoltaico per sfruttare le agevolazioni fiscali disponibili ed abbattere al tempo stesso le bollette. Tuttavia qualcosa ancora non ti torna.

Installare un impianto fotovoltaico infatti significa affrontare un investimento non indifferente, e questo è vero nonostante gli incentivi di cui puoi usufruire. Probabilmente quindi ti starai chiedendo se ne vale davvero la pena oppure ponendoti domande come: “Quanto dura un impianto fotovoltaico? Farò in tempo ad ammortizzare i costi che ho sostenuto?”.

In questo approfondimento cercheremo di scoprire quanto dura un impianto fotovoltaico appena installato esaminando anche quali sono i fattori che incidono sul suo corretto funzionamento. In questa maniera ti sarà facile comprendere come, nonostante i tuoi dubbi, la lunga durata dell’impianto ti permetterà di ammortizzare facilmente i costi per la sua installazione.

Pronto a scoprire quanto dura un impianto fotovoltaico? Allora continua a leggere!

Quanto dura un impianto fotovoltaico?

Rispondere alla domanda “Quanto dura un impianto fotovoltaico?” è fondamentale per capire se installare un impianto fotovoltaico è conveniente oppure no.

Possiamo affermare con certezza che in media, un impianto a moduli fotovoltaici è garantito per circa 25 anni. La longevità di questo tipo di impianti ne fa una delle migliori soluzioni per la generazione di energia se pensiamo ad esempio che la longevità di un impianto solare termico è di 15 anni. E’ proprio la lunga durata di questo tipo di impianti a permettergli di ripagarsi, sia da un punto di vista economico, sia in termini di riduzione delle emissioni di CO2. Produrre energia sfruttando quella solare in effetti permette di eliminare quel processo che è basato sulla combustione per produrre elettricità.

Quello che devi tenere presente però è che durante il ciclo di vita di un impianto fotovoltaico, la sua efficienza non sarà sempre la stessa. Un impianto nuovo, avrà un efficienza maggiore di uno che ha 20 anni di età. I migliori moduli fotovoltaici tuttavia permettono di ridurre al minimo questo scarto tanto che dopo 20 anni si può arrivare ad una perdita di efficienza del solo 6%.

Per rispondere alla domanda “Quanto dura un impianto fotovoltaico?” quindi, bisogna innanzitutto chiarire cosa si intende con il termine durata. I pannelli solari sono infatti in grado di produrre energia per tempi lunghissimi. Ma la durata a cui ci riferiamo è più che altro riferita alla vita utile del sistema ovvero al tempo in cui è conveniente lasciarlo in funzione. In altre parole la durata di un impianto si riferisce all’arco temporale in cui l’energia prodotta e il risparmio collegato coprono i costi di esercizio e manutenzione.

A questo proposito, è doveroso precisare che possiamo in ogni caso prolungare la durata dell’impianto anche grazie a degli interventi di revamping. Sostituendo componenti obsoleti con degli ultimi ritrovati tecnologici potresti prolungare ancora di più la durata dell’impianto.

Quali sono i fattori che incidono sulla durata dei pannelli solari?

Per capire quanto dura un impianto fotovoltaico è necessario comprendere quali sono i fattori che ne influenzano il ciclo di vita. Abbiamo riassunto i principali qui di seguito:

  • Presenza o meno di componenti meccaniche. E’ infatti provato che l’assenza di componenti meccaniche all’interno dei pannelli riduce l’usura quotidiana media. La trasmissione di energia elettrica attraverso il silicio o il tellururo di cadmio è un processo con decadimento dei materiali minimo e quantificabile: ogni cella fotovoltaica soffre di una riduzione di potenziale annua pari al massimo all’1%, in particolare intorno allo 0,7% per il silicio cristallino e circa dell’1,5% per i pannelli a film sottile.
  • Manutenzione ordinaria dell’impianto. Pulire un impianto fotovoltaico è fondamentale perché la sporcizia che si deposita sui moduli fotovoltaici non solo ne riduce l’efficienza, ma può influire sul deterioramento dei pannelli e quindi sulla durata dell’impianto.
  • L’area geografica in cui è installato l’impianto. Un’area soggetta ad un forte inquinamento può voler significare una minore durata dell’impianto. Le polveri sottili possono depositarsi all’interno di ciascun pannello solare inficiandone il rendimento e la durata. Un altro esempio di come sia necessario conoscere l’area geografica per capire quanto dura un impianto fotovoltaico è capire se sia o meno vicino al mare. La salinità diffusa dal mare può minare il funzionamento del sistema fotovoltaico visto che ha un effetto corrosivo su alcune parti dei pannelli, oltre a rendere opaca la superficie assorbente.

Dopo queste considerazioni avrai certamente capito come sia necessario procedere ad una pulizia annuale dell’impianto per prolungarle la sua durata.

Un altro consiglio che ti suggeriamo di seguire scrupolosamente è quello di monitorarne costantemente la sua produzione di energia in modo da capire quando è più opportuno effettuarne la manutenzione o interventi di altro genere. In questo saprai sempre se c’è qualcosa che non va e puoi intervenire subito su eventuali malfunzionamenti. Oggi per fortuna gli inverter degli impianti sono collegati ad appositi portali o app che potrai facilmente consultare ovunque ti trovi.

Per rispondere alla domanda “Quanto dura un impianto fotovoltaico?” è però necessario considerare anche il ciclo di vita dei suoi componenti.

Durata dell’inverter

Quanto dura un inverter di un impianto fotovoltaico? Per rispondere alla domanda sulla durata degli impianti a moduli fotovoltaici è necessario capire anche quanto può durare uno dei suoi componenti fondamentali: l’inverter.

Partiamo subito con il precisare che per gli inverter è difficile avere le stesse prestazioni, in termini di durabilità, degli impianti fotovoltaici. E questo è un problema visto che un inverter serve a convertire l’energia solare raccolta dai pannelli, trasformandola da corrente continua in corrente alternata in modo da poter essere usata dall’impianto elettrico (ne parliamo anche qui). Anche in questo caso la durata è influenzata da diversi fattori: le condizioni di usura, l’assenza di manutenzione e la possibilità di surriscaldamento.

Generalmente è necessario sostituire l’inverter dopo 10 anni anche se i migliori possono arrivare anche a 13 anni di vita prima di avere un significativo calo di rendimento. Se un impianto fotovoltaico dura 20 anni quindi, nell’investimento considerate anche il costo della sostituzione di almeno un inverter.

Durata delle batterie di accumulo

Nel caso in cui il tuo impianto fotovoltaico sia dotato anche di batterie di accumulo, per rispondere alla domanda quanto dura un impianto fotovoltaico è necessario anche tenere conto della durata delle batterie di accumulo.

Questi dispositivi sono particolarmente utili visto che permettono di immagazzinare l’energia prodotta in eccesso dal tuo impianto fotovoltaico in modo da poterla utilizzare quando questo non è in grado di produrre (ad esempio di notte). Non sorprende quindi che sempre più persone decidano di dotare i propri impianti di questi dispostivi.

Dobbiamo considerare però che per le batterie di accumulo, l’elemento che più incide sul deterioramento è la sovraccarica. Se una batteria è completamente carica, continuare a fornirle energia elettrica può danneggiarla riducendone la durata. Anche in questo caso una corretta manutenzione della batteria è fondamentale per prolungarne la vita. Tuttavia sulla sua durata possono incidere fattori come la temperatura e il modo in cui lavora (per esempio diversi giorni di pausa sono deleteri) e le condizioni metereologiche e climatiche a cui è esposta.

Le batterie agli ioni di litio, le migliori sul mercato, garantiscono una durata potenziale di 7000 cicli di carica, che corrispondono a circa 20 anni, contando un ciclo al giorno. Tuttavia, la realtà è diversa dai calcoli fatti in laboratorio a condizioni ottimali. Nella pratica le batterie hanno una durata di circa 12 anni, in linea con garanzie tipiche di prodotto che coprono in generale dai 5 ai 10 anni di attività.

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Ci sarà la proroga per la presentazione Cilas al 31 dicembre 2022 per i condomini che usufruiscono del Superbonus?

In parlamento si discute una modifica del Decreto Aiuti-quater per concedere ai condomini più tempo per accedere al superbonus 110% prorogando la scadenza per la presentazione della Cilas al 31 dicembre 2022 per i condomini

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Lo scorso 2 dicembre è scaduto il termine per la presentazione al Senato degli emendamenti al disegno di legge di conversione del Decreto-Legge 18 novembre 2022, n. 176 (Decreto Aiuti-quater). Il provvedimento, contenente le “Misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica” è un provvedimento di notevole importanza visto che modifica nuovamente il Decreto Rilancio, in particolare il Superbonus.

Tuttavia, la misura, così come modificata dal Decreto Aiuti Quater, è stata ampiamente criticata dal momento che ha introdotto proposte alquanto discutibili. Fra queste figura la nuova scadenza per la presentazione della Cilas che è stata individuata al 25 novembre 2022. Ora, secondo molti, dato che la norma è stata approvata a metà del mese scorso, non c’è stato tempo sufficiente per i condomini a presentare questo documento necessario all’ottenimento della detrazione. Motivo per cui, sono in molti a spingere per prorogare la scadenza per la Cilas al 31 dicembre 2022.

Ed è proprio su questa possibile proroga della scadenza per la presentazione della Cilas al 31 dicembre 2022 che ci concentreremo in questo approfondimento.

Decreto Aiuti-quater: la scadenza per la conversione e le possibilità di modifica

Prima di parlare della proroga della scadenza per la presentazione della Cilas al 31 dicembre 2022 è necessario fare un passo indietro. Innanzitutto è infatti doveroso specificare che il Decreto Aiuti Quater, in quanto decreto, deve essere convertito in legge. Tale conversione dovrebbe avvenire intorno al 19 dicembre, visto che proprio in questa data è atteso al Senato.

Tuttavia, per convertire il decreto in legge, c’è tempo fino al 17 gennaio 2023. Considerata però l’urgenza con la quale sarebbe necessario approvare queste modifiche il Parlamento potrebbe optare per un terza opzione. Abrogando il Decreto Aiuti Quater infatti, il Parlamento potrebbe inserire i suoi contenuti direttamente dentro alla legge di Bilancio 2023. Quest’ultima, come noto, approderà in Gazzetta Ufficiale entro gli ultimi due giorni dell’anno.

Superbonus 110%: le urgenze oltre alla proroga della scadenza per la Cilas al 31 dicembre 2022

La realtà dei fatti è però molto più complessa. Non c’è solo infatti l’urgenza che riguarda la proroga per la presentazione della Cilas al 31 dicembre 2022 per i condomini ma ce ne è almeno un’altra molto importante. E’ infatti anche necessario risolvere il problema del blocco dei crediti edilizi su cui al momento si prevede (solo) la possibilità per le banche di compensare i crediti con le somme relative agli F24 della clientela (come proposto da Ance e Abi).

In particolare, proprio attorno a quest’ultima urgenza, le soluzioni allo sblocco dei crediti proposte dal parlamento si stanno scontrando con gli ultimi recenti interventi della Corte di Cassazione che ha messo in luce le evidenti crepe del meccanismo di cessione. Sarà pertanto necessario modificare anche l’art. 9, comma 2 del Decreto Aiuti quater.

Superbonus 110% e condomini: la CILAS e la delibera di autorizzazione ai lavori

Il decreto aiuti quater prevede una rimodulazione del superbonus che passerà già dall’1 gennaio 2023 dal 110% al 90%. Questa nuova aliquota (come abbiamo specificato anche qui) varrà per i seguenti soggetti:

  • condomini ed edifici plurifamiliari posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate (lettera a));
  • organizzazioni non lucrative di utilità sociale, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale (lettera d-bis));

Inoltre è previsto che per i condomini, la riduzione dell’incentivo al 90% non possa essere applicata nei seguenti casi:

  • agli interventi per i quali, alla data del 25 novembre 2022, risulti effettuata, ai sensi dell’articolo 119, comma 13-ter , del citato decreto-legge n. 34 del 2020, la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) e, in caso di interventi su edifici condominiali, all’ulteriore condizione che la delibera assembleare che abbia approvato l’esecuzione dei lavori risulti adottata in data antecedente al 25 novembre 2022;
  • agli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, per i quali alla medesima data del 25 novembre 2022, risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo.

Ed è proprio in relazione al primo di questi ultimi due punti che entra in gioco la proposta di prorogare la Cilas al 31 dicembre 2022.

Perché spostare la Cilas al 31 dicembre 2022?

Dalle indiscrezioni circolate dalle forze di maggioranza, sembrerebbe che l’idea sia quella di spostare la CILAS al 31 dicembre 2022 anziché come è previsto ad oggi il 25 novembre 2022.

L’ideale sarebbe, in realtà, una completa rimodulazione dell’art. 9 che eviti la riduzione dell’incentivo al 90%. D’altronde è evidente come a novembre 2022 molti condomini erano in procinto di avviare un intervento con un quadro economico basato su un incentivo del 110%. Questi condomini si vedrebbero quindi ridotto l’incentivo sui cui avrebbero potuto contare del 20%. Tuttavia, l’attuale governo non sembra intenzionato a tornare sui suoi passi pertanto l’unica opzione per questi condomini per ottenere ancora l’incentivo del 110% che venga riscritto da capo l’art. 9 comma 2 del Decreto Aiuti quater.

In particolare sarebbe necessario:

  • che la norma venga riscritta utilizzando parole più adatte (una CILA non è effettuata ma al più presentata);
  • che nella ridefinizione della data si prendano in considerazione anche le delibere di condominio.
  • spostare la data di presentazione della CILAS al 31 dicembre 2022.

Tuttavia in quest’ultimo caso è doveroso fare una precisazione. La proroga della Cilas al 31 dicembre 2022 dovrebbe infatti, per essere al di fuori di future contestazioni, essere approvata in tempo utile a far presentare queste pratiche ai soggetti interessati. Portare la data di scadenza della presentazione della CIlas al 31 dicembre 2022, ad esempio, il 27 dicembre, sarebbe del tutto inutile oltre a risultare solo come l’ennesima presa in giro.

Clamoroso dietrofront: arriva il blocco della cessione del credito da parte del governo Meloni!

Con il Decreto Legge n. 11 del 16 febbraio 2023 è arrivato il tanto temuto “Blocco della cessione del credito”. Ma cosa significa? Perché si è arrivati a tanto?

Leggi tutto quello che devi sapere sullo sto alla cessione del credito qui!

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Quanto consumano i termosifoni?

Quanto consumano i termosifoni? Capiamo quanto si spende in media per il riscaldamento di casa e come abbattere i costi

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Nel pieno dell’inverno, solitamente una domanda attanaglia le famiglie italiane: Quanto consumano i termosifoni?

Si, perché far quadrare i bilanci familiari è sempre più difficile, soprattutto alla luce dei recenti aumenti del costo del gas. Una situazione resa ancora più drammatica dalla crisi energetica che stiamo attraversando e che è aggravata ancora di più dal difficile contesto geopolitico internazionale (guerra tra Russia ed Ucraina).

Ma quindi quanto consumano i termosifoni? Quanto costa tenere acceso il riscaldamento d’inverno? Come si fa a ridurre gli sprechi di energia per il riscaldamento?

Abbiamo interpellato i nostri esperti per cercare di capire in maniera precisa quanto consumano i termosifoni ed abbiamo chiesto loro anche alcuni consigli per migliorare l’efficienza del proprio impianto di riscaldamento.

Prima di iniziare a sviscerare questi argomenti però abbiamo una precisazione da fare. Gli elementi che possono influire sull’efficienza del tuo impianto di riscaldamento sono molti. Pertanto la stima su quanto consumano i termosifoni non sarà mai universale e non potrà valere per tutti. Quelle che abbiamo cercato di riportare in questo approfondimento non è pertanto da prendere alla lettera.

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Quanto consumano i termosifoni? Capiamo quanto si spende in media per il riscaldamento di casa e come abbattere i costi

Quanto consumano i termosifoni? Capiamo quanto si spende in media per il riscaldamento di casa e come abbattere i costi

Come funzionano i termosifoni

Per capire quale sia il consumo dei termosifoni di casa tua la prima cosa da fare è conoscerne il funzionamento. Abbiamo pertanto iniziato il nostro approfondimento proprio da questo aspetto.

I termosifoni, noti anche come caloriferi o radiatori, si chiamano così per la loro capacità di irradiare il calore all’interno degli ambienti in cui sono inseriti. Sono molto diffusi, visto che rappresentano la forma di riscaldamento più diffusa all’interno delle case degli italiani.

Il termosifone non è altro che una griglia di condotti (di ghisa, alluminio o acciaio) vuoti al loro interno. Se questi condotti sono vuoti è proprio perché al loro interno dovrà circolare un fluido termovettore, o della semplice acqua calda. Questo fluido riscaldato, cederà il proprio calore al termosifone che a sua volta lo irradierà nell’ambiente in cui è installato, riscaldandolo. Ne consegue che ogni termosifone dovrà essere collegato a un circuito idraulico domestico, a sua volta collegato alla caldaia prevista per la produzione di acqua calda nell’appartamento.

I diversi tipi di generatori di calore per il riscaldamento domestico

Rispondere alla domanda: “Quanto consumano i termosifoni?” significa quindi, in ultima analisi, capire quanto consumano i generatori di calore che si utilizzano per riscaldare l’acqua che circolerà al loro interno. Le tecnologie che servono a questo scopo sono molte, quasi una per ogni esigenza. Le abbiamo riassunte qui di seguito:

  • Caldaie a metano: il riscaldamento dell’acqua, contenuta in un apposito serbatoio, avviene tramite la combustione di gas metano.
  • Caldaie a condensazione, questo tipo di caldaia è una evoluzione di quella a metano. Il funzionamento resta il medesimo, la differenza però è che questo apparecchio riesce a recuperare anche il calore generato dal vapore e dai flussi di scarico dei fumi.
  • Caldaie istantanee. In questo caso la combustione del gas serve per riscaldare apposite serpentine nelle quali scorre proprio l’acqua;
  • Caldaie elettriche: questi apparecchi non si avvalgono della combustione del gas per riscaldare l’acqua, bensì di alcune resistenze elettriche capaci di raggiungere temperature molto elevate. Anche in questo caso, si potranno adoperare soluzioni a serbatoio oppure istantanee;
  • Altri tipi di caldaia. Sebbene meno frequenti delle altre, sono diffuse soprattutto in quei luoghi in cui non è ancora disponibile la rete di distribuzione del metano.  Fra queste figurano le caldaie a legna, a pellet, o ad altri combustibili fossili.
  • Impianti di solare termico. Si tratta di soluzioni ecosostenibili e ad impatto 0 visto che sfruttano il calore del sole per il riscaldamento dell’acqua si per uso sanitario che domestico. Questo significa che questi impianti non consumano ne gas ne altro tipo di energia anche se probabilmente di inverno hanno bisogno di un “aiuto”.

Cosa può influenzare il consumo dei termosifoni?

Rispondere alla domanda: “Quanto consumano i termosifoni?” è molto difficile dal momento che ogni condizione di riscaldamento è unica. Vi sono infatti molti fattori che possono incidere anche sensibilmente sulle richieste energetiche del riscaldamento. Abbiamo riassunto i principali qui di seguito:

  • Efficienza termica della casa. Una casa con un buon isolamento termico, o cappotto, sicuramente richiederà una minore energia per garantire ai suoi occupanti un giusto comfort termico perché in grado di trattenere più a lungo il calore al suo interno. In caso contrario, gli edifici tenderanno a disperdere molto più rapidamente il calore accumulato e quindi richiederanno sempre più energia con ripercussioni negative sulle bollette;
  • Grandezza degli ambienti: come facile intuire, più i volumi degli spazi da riscaldare sono ampi, maggiori saranno i costi di riscaldamento tramite radiatori;
  • Tipologia di termosifone: le caratteristiche del termosifone, come ad esempio i materiali di cui è composto e la loro età influisce molto sulla capacità del termosifone di conservare e trasferire energia negli ambienti.
  • Caratteristiche della caldaia installata. Non tutte le caldaie sono efficienti alla stessa maniera, ma soprattutto, la loro efficienza dipende anche dal tipo di termosifoni installati nell’abitazione. Il peso in bolletta del consumo dei termosifoni quindi è determinato dal tipo di caldaia a propria disposizione (elettrica oppure a gas) e dalla sua efficienza. Ovviamente, le vecchie caldaie, magari prive di un sistema a condensazione, richiedono enormi quantità di gas ed energia per scaldare l’acqua. Quelle più recenti invece garantiscono un minore spreco di energia  visto che sono state realizzate seguendo le normative europee sul risparmio energetico approvate nel corso degli ultimi anni.

Quanto consumano i termosifoni

Finalmente, dopo tutte queste premesse, possiamo cercare di esaminare quanto consumano i termosifoni. Precisiamo però che le nostre analisi fanno riferimento esclusivamente a condizioni ottimali di utilizzo dei termosifoni e ad ambienti dalla bassa dispersione di calore e dotati di impianti ad alta efficienza.

Per capire quali sono i consumi del riscaldamento innanzitutto è necessario conoscere i kWh termici generate dalla caldaia. Per un appartamento dai 60 ai 100 mq solitamente si ricorre a caldaie da 24 kWh termici di potenza. Con un rapido calcolo, questo significa che per ogni ora in cui il riscaldamento sarà accesso consumerai:

  • dai 2 ai 12 kWh termici per le caldaie a gas, equivalenti alla combustione dagli 0.20 agli 1.25 metri cubi di gas. Ai prezzi delle tariffe ARERA per l’autunno 2022, pari a circa 0.83 euro a metro cubo di metano consumato, si spenderanno quindi dagli 0.16 agli 1.03 euro all’ora;
  • considerando una potenza termica simile per caldaie elettriche, ai costi dell’energia elettrica dell’autunno 2022, la spesa sarà tra gli 0.10 e gli 0.70 euro l’ora.

In base a questi dati, nel 2021 una famiglia italiana spendeva tra i 700 ed i 900 euro solo per il riscaldamento annuale. A questa cifra però sarebbe necessari sommare anche tutto il gas consumato per le altre esigenze abitative. Tuttavia, questa stima è riferita all’anno scorso, quando i prezzi del metano erano assai inferiori rispetto ad oggi. Le soglie attuali risultano quindi senza dubbio più elevate per via della crisi energetica che attanaglia il vecchio continente.

Consumo dei termosifoni, consigli per risparmiare

Esistono dei modi per risparmiare sul consumo dei termosifoni soprattutto oggi che i prezzi per il riscaldamento hanno raggiunto livelli stratosferici? Se stai cercando di capire quanto consumano i termosifoni ti sarai sicuramente posto questa domanda. Per fortuna, noi abbiamo la risposta. Si, perché di modi per abbattere il consumo dei termosifoni esistono. Li abbiamo raccolti qui di seguito:

  • Utilizzare un termostato: può sembrare banale, eppure impostare la giusta temperatura sul termostato consente di ridurre i consumi anche del 15-20%. Se ad esempio decidessi di riscaldare casa tua a 19°C anziché i classici 20°C potresti ottenere un notevole risparmio in bolletta senza che il tuo corpo percepisca disagi di sorta.
  • Programmare gli orari di accensione. Sicuramente lasciare accesi i termosifoni tutto il giorno ti farà consumare più gas rispetto ad accenderli ad orari programmati. Inoltre, considerando che la maggior parte delle persone durante il giorno non è presente in casa, è inutile riscaldare troppo gli ambienti se non c’è nessuno al loro interno. Con un termostato smart, controllabile da remoto con lo smartphone, potresti accendere il riscaldamento da remoto oppure programmarne l’accensione ad orari prestabiliti in base alle tue esigenze;
  • Isolamento: Come abbiamo già avuto modo di spiegare, gli edifici con un ottimo isolamento termico hanno sicuramente più possibilità di mantenere la temperatura desiderata al loro interno. Pertanto installare un cappotto termico, interno o esterno, se non altro su quelle parte di casa più esposte alle intemperie, potrebbe essere una buona soluzione.

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Superbonus 2023: come funziona?

Superbonus 2023. Chi sono i beneficiari? Di quali aliquote potranno usufruire? Quali sono le scadenze? Tutto quello che c’è da sapere sul nuovo superbonus

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Il Decreto Aiuti Quater ha modificato per l’ennesima volta la maxi-detrazione fiscale per l’efficientamento energetico tanto che possiamo parlare di un vero e proprio Superbonus 2023. Nel frattempo però i potenziali beneficiari della detrazione rischiano seriamente di esserne esclusi a causa del nuovo blocco della cessione dei crediti, se non altro coloro che non possono anticipare le spese e non hanno sufficiente capienza fiscale.

In ogni caso, dal prossimo anno entreranno in vigore tante novità che riguardano l’utilizzo del bonus fiscale più chiacchierato degli ultimi anni. Abbiamo pertanto deciso di riportare le ultime novità sul Superbonus 2023 in questo approfondimento.

Se vuoi conoscere le novità sul blocco della cessione del credito d’imposta dopo l’approvazione del Decreto Legge 11/2023, leggi il nostro articolo aggiornato qui.

Superbonus 2023: dal 110% al 90%

Il superbonus 2023 attraverserà una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda la sua aliquota di detrazione visto che passerà al 90% per la maggior parte dei soggetti beneficiari.

Le modifiche arrivate dall’art. 9 del Decreto Legge n. 176/2022 (Decreto Aiuti quater) hanno, infatti, previsto una rimodulazione degli incentivi di cui all’art. 119 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio). Tali modifiche hanno anche previsto l’apertura di una nuova finestra temporale per alcuni soggetti beneficiari la cui scadenza era ormai alle spalle.

Superbonus: per chi l’aliquota al 110%

Che fine faranno i progetti che avevano richiesto di beneficiare della maxi aliquota di detrazione e che sono attualmente in corso di svolgimento?  Il nuovo Superbonus 2023 prevede che le spese sostenute fino al 31 dicembre 2022 resteranno al 110% per tutti i soggetti beneficiari ancora in gioco. Ma chi sono questi soggetti? Li abbiamo elencati qui di seguito:

  • condomini, persone fisiche proprietarie o comproprietarie di edifici da 2 a 4 unità immobiliari autonomamente accatastate, Onlus, associazioni di promozione sociale e di volontariato;
  • persone fisiche proprietarie di singoli edifici unifamiliari ma con il vincolo che al 30 settembre 2022 hanno già completato il 30% del lavoro complessivo (per questi soggetti il superbonus 110% potrà essere utilizzato sulle spese sostenute fino al 31 marzo 2023);
  • Iacp e cooperative a proprietà indivisa, che potranno utilizzare il superbonus 110% fino al 30 giugno 2023 o, se entro questa data è stato completato il 60% dell’intervento, fino al 31 dicembre 2023;
  • nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici verificatisi a far data dal 1° aprile 2009 dove sia stato dichiarato lo stato di emergenza, il superbonus 110% potrà essere utilizzato per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025;
  • per i soggetti di cui alla lettera d-bis) in possesso dei requisiti di cui al comma 10-bis, il superbonus 110% potrà essere utilizzato fino al 31 dicembre 2025.

L’eccezione dell’aliquota al 110%

Il Superbonus 2023 prevede inoltre una importante eccezione per l’utilizzo della detrazione al 110%. Il Decreto Aiuti quater prevede, infatti, che la riduzione dell’aliquota al 90% non si applicherà:

  • agli interventi per i quali, alla data del 25 novembre 2022, risulti effettuata, la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA). In caso di interventi su edifici condominiali, la condizioni appena specificata dovrà essere supportata anche dalla delibera assembleare che abbia approvato l’esecuzione dei lavori risulti adottata in data antecedente al 25 novembre 2022;
  • agli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, per i quali alla medesima data del 25 novembre 2022, risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo.

Attenzione però, le modifiche al Superbonus 2023 sono state introdotte da quello che è ancora un Decreto Legge. Pertanto, per avere un quadro normativo definito si dovrà attendere la sua conversione in legge. Quadro normativo definito che è già in discussione visto che lo stesso partito della premier Giorgia Meloni ha già chiesto di posticipare il deposito delle Cilas almeno al 31 dicembre 2023. Un altro nodo sciogliere necessariamente, e che il Decreto Aiuti Quater non affronta, inoltre riguarda lo sblocco dei crediti d’imposta già maturati attraverso lo strumento degli F24.

Scopri le nuove scadenze per le Unifamiliari che vogliono usufruire del Superbonus nel 2023 cliccando qui!

A chi spetta l’aliquota del 90% del Superbonus 2023?

Dopo aver analizzato appieno l’utilizzo del superbonus al 110%, possiamo adesso prendere in esame quanto previsto dal Decreto Aiuti Quater con la rimodulazione del bonus al 90%. Il superbonus 2023 al 90% potrà essere utilizzato solo sulle spese sostenute dall’1 gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 da:

  • coloro che non sono riusciti a deliberare o inviare la CILAS entro le date previste;

Oppure coloro che sono in possesso di queste 3 specifiche condizioni:

  • sono proprietari dell’edificio o dell’unità immobiliare funzionalmente indipendente o che sono titolari di un diritto reale di godimento;
  • l’edificio o l’unità immobiliare oggetto degli interventi deve essere adibito ad abitazione principale del contribuente che sostiene le spese;
  • in capo al contribuente che sostiene le spese deve sussistere un requisito reddituale, basato su un parametro denominato “reddito di riferimento” che non dovrà essere superiore a 15.000 euro, determinato utilizzando un quoziente familiare.

Superbonus 2024-2025

Cosa succederà quindi dopo il 2023? Il Superbonus 2023 terminerà con la fine del prossimo anno oppure no?

Per i condomini sarà sempre possibile fruire del superbonus anche se con un’aliquota fiscale ridotta visto che, come già previsto dalla normativa, diminuirà progressivamente a partire dal 2024. In particolare, l’aliquota sarà la seguente:

  • 70% per le spese sostenute nel 2024;
  • 65% per le spese sostenute nel 2025.

Superbonus 2023 dopo il Decreto Aiuti Quater in breve

Come cambia il Superbonus 2023 ? Decreto aiuti quater

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Pro e contro della caldaia a condensazione

Pro e contro caldaia a condensazione: alla scoperta di tutti i vantaggi e gli svantaggi di questo dispositivo per il riscaldamento domestico

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Visti i recenti aumenti del costo del gas ha deciso di cambiare il sistema di riscaldamento per cercare di risparmiare sulle bollette?

Niente paura, non sei il solo a pensare di farlo. Il costo del gas è infatti salito alle stelle anche grazie all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e sono in molti a valutare di sostituire la vecchia caldaia. Pertanto sono in molti che come te si stanno chiedendo quale tipologia di caldaia acquistare.

Sicuramente, se sei in questa fase, ti sarai imbattuto nelle classiche caldaie a condensazione anche se forse non ti hanno convinto del tutto. Proprio per questo motivo abbiamo chiesto ai nostri esperti di elencarci i pro ed i contro delle caldaie a condensazione in modo da renderti più agevole la scelta. D’altronde è solo conoscendo bene i vantaggi e gli svantaggi di questi dispositivi che potrai effettuare una scelta cosciente e di cui non ti pentirai.

Pronto a scoprire i pro ed i contro delle caldaie a condensazione? Allora prosegui nella lettura di questo approfondimento.

Sei curioso di scoprire quali sono gli incentivi per il riscaldamento domestico in vigore nel 2024? Allora clicca qui e scoprili subito!

Tutti i vantaggi e gli svantaggi dell'utilizzare una caldaia a condensazione per il tuo impianto di riscaldamento

Tutti i vantaggi e gli svantaggi dell’utilizzare una caldaia a condensazione per il tuo impianto di riscaldamento

Che cos’è la caldaia a condensazione

Prima di parlare dei pro ed i contro di una caldaia a condensazione è necessario innanzitutto capire cosa è di preciso e come funziona. Se quindi ti stai chiedendo: “Cos’è una caldaia a condensazione?” e “Qual è la differenza rispetto ad una tradizionale?” sei nel posto giusto.

Entrambe le tipologie di caldaie funzionano grazie alla combustione del gas. La fiamma che si genera durante questo processo infatti scalda l’acqua che scorre all’interno dei tubi dell’impianto di riscaldamento o che viene utilizzata come acqua calda sanitaria. Il processo di combustione però genera anche dei fumi di scarico che sotto forma di vapore acqueo si disperdono nell’ambiente.

Il vantaggio della caldaia a condensazione è proprio quello che questo dispositivo riesce ad utilizzare il calore contenuto in questi fumi per contribuire al riscaldamento del fluido termovettore che circola nell’impianto di riscaldamento. Stesso discorso anche per quanto riguarda l’acqua calda sanitaria. Tra i vantaggi della caldaia a condensazione vi è appunto quello di essere più efficienti da un punto di vista energetico rispetto alle caldaie tradizionali.

Tipologie di caldaie a condensazione

In commercio esistono molti modelli e soluzioni in modo che possano adattarsi ad ogni esigenza. In base alle dimensioni del tuo appartamento, e alla potenza necessaria, potrai scegliere diverse soluzioni. Abbiamo elencato diversi esempi qui di seguito:

  • Se hai molti bagni in casa oppure hai un famiglia numerosa avrai bisogno di una soluzione che ti permetterà di avere sempre acqua sanitaria disponibile, anche se erogata in più punti della casa. In questo caso allora la soluzione più adatta potrebbe essere una caldaia a condensazione ad accumulo.
  • Invece, nel caso in cui tu abitassi in un piccolo appartamento potresti decisamente risparmiare acquistando una caldaia a condensazione istantanea. In questo modo la caldaia si attiverebbe solamente nel momento in cui tu aprissi un rubinetto con l’acqua calda. Se questo è indubbiamente un pro, un contro di queste caldaie a condensazione è l’assenza di un boiler che mantiene a temperatura costante una determinata quantità d’acqua. Pertanto questa potrebbe essere la soluzione ideale se hai un solo bagno o non hai bisogno di erogare da più punti,
  • Infine, puoi decidere d’installare la tua caldaia all’interno della tua casa, o all’esterno. Quest’ultima è la soluzione perfetta per risparmiare spazio all’interno della tua abitazione oltre che per un fattore estetico.

Dopo questa breve disamina sulle caldaie a condensazione (di cui comunque parliamo anche qui in maniera approfondita) passiamo adesso ad analizzare i pro ed i contro delle caldaie a condensazione. In questo modo, siamo sicuri, riusciremo a garantirti una visione d’insieme utile a trovare la soluzione migliore per la tua casa, e per le tue esigenze.

Pro e contro caldaia a condensazione

Tutti I vantaggi di una caldaia a condensazione

Nell’esaminare i pro ed i contro di una caldaia a condensazione abbiamo deciso di iniziare da vantaggi di questo dispositivo. Dopo averne descritto il funzionamento e le differenze con la caldaia a gas, abbiamo cercato di riassumere tutti i pro della caldaia a condensazione in questo semplice elenco che trovi qui di seguito:

  • Ecosostenibilità: la caldaia a condensazione è in grado di abbattere in maniera sostanziale il consumo di gas, una risorsa non rinnovabile e quindi destinata ad esaurirsi. Un minore consumo di metano o gpl significa anche una minore quantità di gas serra immessi in atmosfera. Inoltre, proprio per effetto della condensazione, i gas di scarico hanno una temperatura più bassa e pertanto riscaldano meno l’atmosfera.
  • Risparmio energetico: grazie al suo funzionamento, i consumi di gas saranno molto inferiori rispetto a quelli di una caldaia tradizionale. La riduzione di questi consumi si attesta intorno al 20 o 30 percento. I vantaggi principali della caldaia a condensazione dipendono dall’uso continuativo di questo tipo di riscaldamento. Sarà un’ottima soluzione se le tue spese per il riscaldamento sono molto elevate, perché ti permette di risparmiare sulla bolletta.
  • Efficienza energetica: uno dei vantaggi della caldaia a condensazione è quello di trattenere i fumi. Proprio per questo, con la stessa quantità di combustibile sono in grado generare più calore essendo quindi più efficienti permettendo di consumare meno combustibile.
  • Detrazioni fiscali: uno dei vantaggi di questo sistema di riscaldamento è che puoi ottenere fino al 65% di sconto in fattura per la sua installazione. A questo proposito ti consigliamo di leggere questo articolo per approfondire meglio l’argomento.
  • Integrazione con altri sistemi di riscaldamento. Un impianto di questo tipo infatti può essere tranquillamente integrato a sistemi come il solare termico per consumare ancora meno gas, a pompe di calore, per lo stesso identico motivo, oppure ad impianti fotovoltaici in modo garantire all’edificio un alto livello di indipendenza energetica.

I contro di una caldaia a condensazione

Nella nostra analisi dei pro e contro di una caldaia a condensazione è venuto adesso il momento di prendere in esame quelli che sono gli svantaggi. Se è vero che la caldaia a condensazione è un’ottima soluzione soprattutto in termini di ecosostenibilità e di risparmio energetico è altrettanto vero che non si tratta di un dispositivo esente da difetti. In particolare, gli svantaggi sono legati i principalmente ai costi elevati per l’acquisto dell’apparecchio, per l’installazione e per la sua manutenzione. Anche in questo caso abbiamo elencato brevemente i contro della caldaia a condensazione in questo elenco:

  • La caldaia a condensazione non è la scelta migliore in caso tu abbia dei bassi consumi di gas. Se non hai bisogno di scaldare costantemente la casa e quindi usi poco il tuo sistema di riscaldamento allora ti consigliamo di ricorrere ad un altro impianto di riscaldamento. I benefici della caldaia a condensazione infatti derivano dall’uso costante del riscaldamento. In caso contrario, la spesa dell’investimento sostenuta per l’installazione di questi dispositivi potrebbe essere troppo difficile da ammortizzare. Tuttavia, le detrazioni fiscali, qualora ci rientrassi, potrebbero cambiare nuovamente le carte in tavola.
  • Impianto di scarico. La caldaia a condensazione necessita di essere allacciata alle acque nere in modo che la condensa dei fumi di scarico possa facilmente essere smaltita. Per questo motivo il prezzo dell’installazione sarà più elevato, e l’installazione poco veloce. A ben vedere, questo di cui abbiamo appena parlato non è un vero e proprio svantaggio. Si tratta più che altro di un semplice avvertimento.
  • Manutenzione periodica. Questo è un altro elemento che può essere tranquillamente inserito nella sezione dedicata ai contro di questo sistema di riscaldamento. Anche questo è in realtà un avvertimento: è bene essere consapevoli che installare questo sistema significa andare incontro a questi costi. Spese che andranno sostenute con cadenza regolare ogni anno e che sono obbligatorie visto che la manutenzione di questo impianto è normata per legge. Il vantaggio della manutenzione è che avrai sempre un impianto di riscaldamento sempre sicuro ed efficiente.

hai ancora dei dubbi?

In questo approfondimento abbiamo visto i pro ed i contro di una caldaia a condensazione. Ricorda però che non esiste una soluzione unica e perfetta per ogni caso. La tua casa è unica, e solo tu sai quali sono le soluzioni più adatte alle tue esigenze.

Se hai ancora dei dubbi a riguardo, e non sai se è la scelta giusta per te, ti consigliamo di compilare il modulo qui sotto con i tuoi dati per entrare in contatto con i nostri operatori. Ti richiameranno il prima possibile e ti forniranno tutti i chiarimenti sui pro ed i contro delle caldaie a condensazione.

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Tutti i vantaggi delle caldaie a condensazione

Alla scoperta di tutti i vantaggi delle caldaie a condensazione e del perché sono una soluzione ecologica ed economica

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I costi delle bollette, soprattutto per quanto riguarda il riscaldamento sono aumentati a dismisura. In questo contesto, complicato anche dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, c’è una crescente necessità di ridurre i consumi energetici e quindi anche i loro costi. Contemporaneamente, le emissioni di CO2 stanno provocando cambiamenti climatici sempre più evidenti e dalle conseguenze sempre più gravi. Trovare sistemi di riscaldamento più economici quindi non è sufficiente: è necessario anche trovare sistemi di riscaldamento in grado di abbattere in maniera sostanziosa le emissioni di CO2.

Le caldaie a condensazione possono rappresentare una valida soluzione soprattutto perché sono efficienti in termini di costi e di consumi e possono permetterti di godere di interessanti benefici fiscali. Ma perché le caldaie a condensazione sono convenienti? Perché permettono di abbattere le emissioni di CO2 in atmosfera?

Abbiamo cercato di fare il punto della situazione insieme ai nostri esperti in modo che, se dovessi sostituire la tua vecchia caldaia a gas con una a condensazione, avrai a disposizione tutti gli elementi per affrontare questa scelta.

Pronto a scoprire tutto sulle caldaie a condensazione? Allora continua a leggere!

Le caldaie a gas

Prima di parlare delle caldaie a condensazione forse è meglio ricapitolare brevemente cosa sono e come funzionano le tradizionali caldaie a gas.

Le classiche caldaie a gas funzionano in maniera molto simile a quella di un bollitore. Bruciando il gas si ottiene un fiamma che scalda l’acqua che scorre attraverso i tubi che compongono il sistema di riscaldamento o per l’acqua calda sanitaria. Solitamente le caldaie a gas sono di due tipi: o da interno o da esterno. Altre differenze sono quelle relative al combustibile utilizzato (gas naturale o metano) ed alla tecnologia con cui è costruito.

In base a questi elementi possiamo raggruppare le caldaie a gas in caldaie a:

  • camera aperta
  • camera stagna (non più in commercio)
  • caldaie a condensazione.

Che sia una caldaia a gas o a condensazione la combustione del gas genera comunque dei fumi di scarico che possono essere dannosi per la salute dell’uomo. Per questo motivo sono solitamente dotate di canne fumarie atte a raccogliere questi gas e ad espellerli all’esterno. Motivo per cui, tra le altre cose, le caldaie sono normalmente poste al di fuori dell’abitazione.

Le caldaie a condensazione

L’innovazione delle caldaie a condensazione sta proprio nel differente utilizzo dei gas scarico generati dalla combustione. E’ proprio questo differente utilizzo a generare una maggiore efficienza di questi dispostivi che potranno quindi godere anche di minori consumi e quindi di minori costi.

Le caldaie a condensazione si chiamano così proprio perché riescono ad utilizzare anche il calore dei fumi generati dalla combustione. Questo calore viene riutilizzato per riscaldare l’acqua che circola nel sistema di riscaldamento o nella produzione di acqua sanitaria. Il gas di scarico dei fumi di combustione è infatti espulso normalmente in forma di vapore acqueo. Le caldaie a condensazione però riescono a farlo condensare riuscendo ad utilizzare l’energia termica in esso contenuta: i gas di scarico hanno infatti una temperatura superiore ai 100 °C.

Il calore generato dalla combustione del gas quindi è integrato al calore raccolto grazie alla condensazione dei gas di scarico. E’ quindi evidente che per riscaldare un liquido ad una determinata temperatura, con la caldaia a condensazione sarà necessario impiegare meno gas. Impiegando meno gas, le caldaie a condensazione, ti consentiranno quindi di risparmiare sui costi delle bollette.

I vantaggi delle caldaie a condensazione

A fronte di un costo maggiore rispetto a quelle a gas, le caldaie a condensazione presentano diversi vantaggi rispetto a quelle a gas che giustificano il costo dell’investimento. I prezzi di questi dispositivi infatti dipendono dal modello e dalla potenza da installare e possono variare tra 1.000 e 3.000 euro. Esaminiamo qui di seguito quali sono questi vantaggi:

  • Risparmio sui costi della fornitura del gas. L’energia recuperata dai gas di scarico permette di non avere bisogno continuamente di gas per riscaldare l’acqua sanitaria. Ciò può portare ad un risparmio anche del 30% in bolletta rispetto alle caldaie a gas tradizionali. Ovviamente, molto dipende anche dalla tipologia di impianto di riscaldamento su cui è installata. Si stima che una caldaia a condensazione utilizzata su un classico impianto di riscaldamento possa portare a una riduzione dei costi compresa tra il 10% e il 20% rispetto ad una caldaia tradizionale. In caso invece di impianto di riscaldamento radiante ovvero a basse temperature, si possono raggiungere percentuali di risparmio energetico anche del 40%.;
  • Tempi di rientro dell’investimento ridotti. Si è vero, le caldaie a condensazione costano di più rispetto a quelle a gas. Tuttavia permettono anche di risparmiare molto di più. Per questo, nonostante il costo per la loro installazione sia maggiore, il tempo di rientro dell’investimento è minore. La spesa però si ammortizza in pochi anni (4 o 5) grazie ai risparmi sulle bollette del gas e dell’energia elettrica in virtù della maggiore efficienza energetica della caldaia a condensazione.;
  • Ecosostenibilità. Le caldaie a condensazione consumano meno combustibile rispetto a quelle tradizionali. Bruciando meno gas fossili si producono anche meno emissioni di CO2. Possiamo quindi affermare che le caldaie a condensazione sono più ecosostenibili rispetto a quelle tradizionali e contribuiscono alla lotta ai cambiamenti climatici.
  • I gas di scarico vengono emessi a temperature più basse pertanto hanno un minore impatto anche in termini di riscaldamento terrestre.
  • Accesso ad agevolazioni fiscali. L’installazione della caldaia a condensazione e l’eventuale rifacimento dell’impianto di riscaldamento possono essere inseriti tra le spese di riqualificazione energetica.

Detrazioni fiscali

Il discorso delle detrazioni fiscali delle quali è possibile usufruire in caso di installazione delle caldaie a condensazione è di fondamentale importanza per quanti, come te, stanno decidendo se procedere o meno alla loro installazione. L’acquisto di una caldaia a condensazione infatti può essere meno oneroso di quanto potresti pensare dal momento che potresti usufruire di alcune agevolazioni fiscali previste in materia di efficientamento energetico degli edifici. Tra queste risultano particolarmente vantaggiose quelle previste dagli Ecobonus o dal Superbonus.

Nel caso dell’Ecobonus la percentuale di detrazione fiscale per la sostituzione della caldaia con una a condensazione è pari al 65% della spesa sostenuta. Tale detrazione sarà concessa tramite sconto in fattura a coloro che installeranno un impianto di classe energetica A con un sistema di termoregolazione evoluto. La detrazione sarà invece pari solamente al 50% per la semplice installazione di una caldaia a condensazione. In ogni caso ne parliamo ne parliamo meglio qui.

Nel caso del Superbonus 110% la sostituzione della caldaia con un impianto a condensazione ad alta efficienza energetica per rientrare nell’agevolazione fiscale deve essere abbinata ad altri interventi principali di miglioramento delle prestazioni energetiche dell’edificio, come per esempio il cappotto termico. Precisiamo però che nel 2023 solo gli edifici condominiali potranno ottenere questa agevolazione e l’aliquota di detrazione è già scesa al 90%. Per scoprire di più clicca qui!

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La nuove caldaie a condensazione a miscela metano idrogeno

La miscela metano idrogeno potrebbe rappresentare il futuro per quanto riguarda l’alimentazione delle nuove caldaie a condensazione

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Le nuove caldaie a condensazione che funzionano con una miscela di metano idrogeno, conosciute anche come  “hydrogen 20% ready”, sono già una realtà per i produttori di generatori termici a gas. Questa tecnologia è davvero innovativa visto che sarebbe sicura e sostenibile al tempo stesso e che secondo gli addetti ai lavori potrà essere un punto di riferimento per il mercato del riscaldamento domestico. Con l’entrata in vigore dei sistemi di distribuzione e produzione dell’idrogeno i nuovi riscaldamenti a miscela idrogeno metano saranno anche semplici da installare e quindi tenderanno a diffondersi sempre di più.

La miscela metano idrogeno è una soluzione abbastanza ovvia ad un problema sempre più importante: il rincaro dei prezzi del gas. Il caro bollette sta infatti convincendo molti a cambiare metodo di riscaldamento puntando sempre di più su combustibili diversi dal metano o quantomeno su sistemi che ne consumino di meno. Le caldaie a condensazione sono appunto dispositivi più efficienti rispetto alle normali caldaie e che quindi consumano meno combustibile. Se a questo uniamo il fatto che la quantità di metano richiesta è miscelata con il 20 o il 30 % di idrogeno, allora il consumo di metano sarà ancora più ridotto.

L’industria del riscaldamento sta già puntando decisamente su questi nuovi generatori di calore a condensazione a miscela metano ed idrogeno. Tanto che le caldaie “hydrogen 20% ready” sono già pronte per essere immesse sul mercato e che si sta anche cercando di aumentare la quota di idrogeno della miscela. Da un punto di vista di prestazioni c’è da rimarcare il fatto che, sempre secondo i produttori, i nuovi apparecchi consentiranno di mantenerle pressoché inalterate.

Inoltre, la diffusione delle caldaie a miscela idrogeno metano contribuirà a creare le condizioni per sostenere la crescita della domanda di idrogeno verde ovvero quello prodotto da fonti rinnovabili. Un fattore che senza dubbio è funzionale anche nell’ottica della de-carbonizzazione del settore energetico.

In questo approfondimento abbiamo cercato di rispondere ad alcuni degli interrogativi sulle nuove caldaie a miscela di idrogeno metano cercando anche di buttare uno sguardo al futuro.

Puoi richiedere una nostra consulenza o maggiori informazioni cliccando qui!

Perché ricorrere all’idrogeno?

L’idrogeno è un gas molto diffuso in natura, è infatti l’elemento più diffuso sul nostro pianeta. Tuttavia, non si trova allo stato puro ma si trova in abbondanza nelle sue forme composte come ad esempio nelle molecole di acqua. Se la produzione industriale dell’idrogeno infatti passa attraverso processi energivori ed inquinanti è però altrettanto vero che l’idrogeno può essere ottenuto anche tramite elettrolisi dell’acqua e quindi consumando elettricità.

Da quanto abbiamo appena riportato possiamo dedurre che l’idrogeno è un vettore che deve essere ricavato da fonti primarie utilizzando energia. Se questa energia però è ottenuta da fonti rinnovabili allora possiamo parlare di idrogeno verde. E l’idrogeno verde, a ben vedere, potrebbe anche contrastare alcuni grandi problemi ambientali visto che la sua produzione avrebbe impatti ambientali più contenuti.

Un altro vantaggio dell’idrogeno verde è che può essere prodotto localmente senza significativi investimenti a livello di infrastrutture. SNAM infatti,  il principale operatore europeo nel trasporto e nello stoccaggio di gas naturale, sostiene che il 99% della rete italiana di distribuzione del metano è già in grado di trasportare una miscela metano/idrogeno al 10%. Inoltre sono già in corso ricerche e verifiche per rendere sicuro il trasporto di miscele con percentuali di idrogeno superiori. Il problema è che attualmente non esistono impianti di elettrolizzazione in grado di assorbire l’eccedenza di energia rinnovabile già disponibile.

Perché utilizzare miscele idrogeno metano al 20%?

La decisione di sviluppare nuove caldaie a miscela metano idrogeno al 20% risponde principalmente all’esigenza di compatibilità con:

  • le caratteristiche tecniche delle reti esistenti. A questo proposito sono stati anche considerati gli eventuali interventi di adeguamento oltre che  l’implementazione di procedure di monitoraggio, sorveglianza e manutenzione preventiva;
  • il mantenimento dell’attuale livello di sicurezza e funzionalità, soprattutto se confrontato con quello delle caldaie a metano o a condensazione già installate;
  • le potenzialità a medio e lungo termine di produzione e importazione dell’idrogeno verde.

Il problema delle caldaie a condensazione a miscela idrogeno/metano è semmai un altro: l’effettiva disponibilità del miscelato. In ogni caso questi apparecchi costituiscono comunque un’opportunità per il consumatore. Costui infatti non avrà assolutamente nessun problema a fronteggiare il progressivo passaggio alla miscela con idrogeno al 20  visto che il generatore garantirà sempre la stessa efficienza e sicurezza.

Nei fatti la tecnologia “hydrogen 20% ready” è in anticipo rispetto all’effettiva disponibilità del combustibile miscelato, ma costituisce comunque un’opportunità per il consumatore. Costui infatti avrà pur sempre a disposizione un generatore di pari efficienza in grado di fronteggiare, nella massima sicurezza ed efficienza, il progressivo passaggio alla miscela con idrogeno al 20%.

Quali saranno i cambiamenti normativi per la diffusione delle caldaie a miscela idrogeno metano?

La UNI/TS 11854 è la prima specifica norma tecnica emanata da un ente di normazione europeo sulle caldaie alimentate con miscela di metano/idrogeno al 20%.   pubblicata a febbraio del 2021. All’interno della norma, pubblicata a febbraio del 2021, è possibile rintracciare una precisa indicazione di un percorso di sviluppo tecnologico che definisce regole utili alla certificazione “hydrogen 20% ready” dei nuovi prodotti, secondo uno standard condiviso.

D’altronde, visto che i test finora effettuati su apparecchi tradizionali non hanno evidenziato un comportamento differente rispetto al metano puro, specie per quanto riguarda la sicurezza è possibile prevedere una normativa che ricalchi quella attuale. Possiamo immaginare che vengano emanate norme e raccomandazioni per la verifica di apparecchi e impianti e per l’effettuazione delle tarature in campo.

I bonus per l’installazione della caldaia a miscela metano idrogeno

Per quanto riguarda i bonus fiscali come la detrazione al 50 o 65% per l’installazione o sostituzione di nuovi impianti di climatizzazione o della caldaia (di cui parliamo qui) nulla dovrebbe cambiare, almeno per ora. Gli attuali incentivi infatti prevedono già la sostituzione di generatori termici esistenti con caldaie a condensazione, aventi efficienza almeno pari alla classe A. Queste caldaie possono anche essere anche integrate in sistemi ibridi, indipendentemente dalla composizione chimica del combustibile utilizzato.

Tuttavia, nel pacchetto RePower EU è previsto, dal 2027, l’abbassamento della classe energetica degli apparecchi alimentati da fonti fossili. Pertanto questi apparecchi non potranno più accedere agli incentivi statali. Possiamo inoltre presumere che in futuro potrebbe essere previsto un divieto completo alla loro immissione nel mercato.

Altra questione economica riguarda il prezzo della miscela idrogeno metano. Solo infatti se il prezzo della miscela sarà competitivo rispetto a quello del solo gas metano ci potrà essere una reale diffusione di questi apparecchi. Pertanto le politiche di decarbonizzazione dovrebbero cercare di incentivare anche economicamente l’utilizzo delle caldaie a miscela metano idrogeno. E dovrebbero farlo anche attraverso una riduzione dei costi della miscela o promuovendo l’idrogeno verde.

Caldaie a miscela metano idrogeno al 30%

La percentuale di idrogeno nella miscela con il metano è però destinata presto a salire in modo da ridurre ancora di più la richiesta di gas metano. Sono infatti pronte per essere distribuite caldaie a condensazione a miscela metano idrogeno con una percentuale di H2 del 30 %. Tale miscela permetterà una riduzione di CO2 di oltre il 10%.

Un percentuale che nel giro di pochi anni potrebbe salire anche al 100% visto che sempre più produttori stanno investendo in tal senso. Se ciò avvenisse in tempi abbastanza brevi sarebbe senza dubbio un importante passo in avanti verso un futuro sempre più green.

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Nuovo Superbonus con il decreto aiuti quater: ecco tutte le novità

Ecco il punto della situazione sul nuovo Superbonus dopo l’approvazione del Decreto Aiuti Quater o DL 176/2022. Scopri tutte le novità!

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Il Decreto Aiuti Quater dedica ampio spazio alla maxi detrazione del 110% introdotta grazie al DL Rilancio tanto che a nostro avviso è possibile definirlo un vero e proprio Nuovo Superbonus 110. L’apprezzato quanto criticato sussidio per gli interventi di “efficientamento energetico” ha subito infatti l’ennesimo stravolgimento, questa volta da parte del governo Meloni.

Tra le maggiori novità del nuovo Superbonus vi sono senza dubbio un complicato puzzle di scadenze e requisiti che ha l’obiettivo di semplificare il sistema di agevolazioni. Un secondo obiettivo di queste modifiche invece è quello di intervenire su una misura rivelatasi particolarmente esosa per le casse dello stato, come peraltro dichiarato dalla premier Giorgia Meloni. Il tutto si traduce in un lungo elenco di singoli casi ognuno differenziato dall’altro.

Le misure più impattanti adottate dal Decreto Aiuti Quater o DL 176/2022 riguardano in primis la riduzione dell’aliquota detraibile o convertibile in credito d’imposta che passa al 90% a partire dal 1 gennaio 2023. Il 31 dicembre 2023 l’aliquota tornerà a scendere al 70% nel 2024 e 65% nel 2025 come peraltro è già stato previsto.

Tuttavia, come abbiamo anticipato prima, il nuovo Superbonus prevede nuove scadenze e modalità di accesso che variano a seconda che a richiedere la detrazione siano:

  • condomini,
  • edifici unifamiliari,
  • case popolari,
  • edifici appartenenti alle zone terremotate,
  • terzo settore.

Abbiamo cercato di fare chiarezza su questo nuovo Superbonus qui di seguito insieme ai nostri esperti.

 

Se vuoi conoscere le novità sul blocco della cessione del credito d’imposta dopo l’approvazione del Decreto Legge 11/2023, leggi il nostro articolo aggiornato qui.

Nuovo Superbonus: Come funziona per i Condomini?

Per i condomini che vogliono accedere al nuovo superbonus è importantissima la data di presentazione della Cilas (Comunicazione di Inizio Lavori), ne parliamo anche qui. Se quest’ultima è stata presentata prima del 25 novembre e, nel caso in cui i condomini che l’hanno presentata in data antecedente (24 novembre) abbiano già adottato la delibera sui lavori, le scadenze e le aliquote del Superbonus saranno le seguenti:

  • superbonus al 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023;
  • superbonus ridotto al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025.

Scopri le nuove scadenze per le Unifamiliari che vogliono usufruire del Superbonus nel 2023 cliccando qui!

Per i condomini che invece non hanno rispettato i requisiti elencati poco fa, la durata delle maxi detrazione al 110% si riduce di un anno. Le aliquote e scadenze del nuovo superbonus sono infatti le seguenti:

  • superbonus al 110% per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022;
  • superbonus ridotto al 90% nel 2023, al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025.

Edifici da 2 a 4 unità o mini-condomini

Anche in questo caso, a fare da spartiacque tra il vecchio ed il nuovo Superbonus, a determinare scadenze e importi è la comunicazione della Cilas entro il 25 novembre. In questo caso però, a differenza del precedente, non serve la delibera condominiale. Questa appena menzionata è l’unica differenza rispetto ai condomini con più di 4 unità abitative visto che poi lo schema per ottenere la maxi-detrazione rimane il medesimo. L’aliquota di detrazione e la scadenza per ottenerla saranno infatti la seguenti:

  • superbonus al 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023;
  • superbonus ridotto al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025.

Coloro che invece riusciranno a rispettare il requisito di presentazione cella Cilas invece potranno usufruire di queste scadenze ed aliquote:

  • superbonus al 110% per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022;
  • nuovo superbonus ridotto al 90% nel 2023, al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025.

Nuovo superbonus per le Abitazioni singole

Ben diversa invece la situazione del nuovo Superbonus per le abitazioni unifamiliari. In questo caso a fare da spartiacque è la data del 30 settembre scorso. Entro questa data infatti sarebbe stato necessario aver completato almeno il 30% dei lavori ed aver presentato una dichiarazione del direttore lavori che attesti il requisito. Coloro che hanno rispettato il requisito infatti potranno accedere al:

  • superbonus 110% per le spese fino al 31 marzo 2023.

Chi invece non sia riuscito a rispettare il requisito del 30 settembre, per le spese effettuate dopo il 30 giugno 2022 potrà godere solo della detrazione ridotta prevista dal nuovo superbonus.

Ma le casistiche previste dal nuovo superbonus per le villette unifamiliari non finiscono qui. Coloro infatti che avvieranno i lavori dal 1° gennaio 2023 su un’unità di cui sia proprietario o titolare di diritto reale (come l’usufrutto), spetterà:

  • il nuovo superbonus al 90% fino al 31 dicembre 2023 a patto che la casa sia abitazione principale e il beneficiario abbia un reddito di riferimento inferiore a 15mila euro.

Precisiamo che resteranno fuori dalla detrazione le spese effettuate da comodatari e locatari. L’agenzia delle Entrate dovrà pronunciarsi invece sui conviventi.

Zone terremotate

Il nuovo Superbonus prevede inoltre un trattamento “speciale”, più soft, per tutti quegli edifici che sorgono nei luoghi colpiti da recenti eventi “sismici”. Possono rientrare in questa casistica tutti gli edifici, a prescindere dalla loro tipologia. Per questi edifici rimane in vigore la vecchia aliquota del 110% a condizione che questi edifici appartengano a Comuni colpiti da terremoti verificatisi dal 1° aprile 2009 in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza.

In particolare, sugli edifici danneggiati dal sisma, è possibile ottenere:

  • superbonus al 110% sulle spese sostenute fino al 31 dicembre 2025, solo per la parte eccedente l’eventuale contributo per la ricostruzione

Se si rinuncia al contributo per la ricostruzione invece il nuovo superbonus permette di ottenere:

  • il 110% fino al 31 dicembre 2025 con spesa maggiorata del 50%.

Terzo settore

Il Decreto Aiuti Quater modifica anche le agevolazioni dedicate agli enti del Terzo Settore con uno schema che replica sostanzialmente quello dei condomini. Tuttavia, ad esso aggiunge una terza possibilità per tutti quegli enti impegnati in attività legate a prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali, nel rispetto di una serie di limiti. La situazione è quindi la seguente per tutti gli enti del Terzo settore (lett. d-bis, comma 9, art. 119) che al 25 novembre abbiano comunicato la Cilas:

  • Bonus al 110% fino a fine 2023;
  • 70% nel 2024 e 65% nel 2025.

Invece, per gli enti che non riusciranno a rispettare il requisito di presentazione della Cilas, la detrazione è la seguente:

  • 110% fino a fine 2022;
  • 90% nel 2023, poi 70% nel 2024 e 65% nel 2025.

Infine, per gli enti che beneficiano della spesa maggiorata (art. 119, c. 10-bis) spetta la seguente aliquota di detrazione:

  • 110% fino a fine 2025.

Il superbonus per le case polari

L’ultima fattispecie del nuovo superbonus introdotta dal Decreto Aiuti Quater o DL 176/2022 riguarda le case popolari. Per questa tipologia di edifici è rimasto invariato il calendario che punta a fine 2023 con la postilla del 60% dello stato di avanzamento lavori al prossimo 30 giugno. Per gli interventi eseguiti da istituti case popolari (comunque denominati), compresi quelli di persone fisiche sulle singole unità nello stesso edificio, e cooperative edilizie a proprietà indivisa su immobili dalle stesse posseduti e assegnati ai propri soci, le date da segnare sul calendario sono dunque le seguenti:

  • superbonus al 110% fino al 31 dicembre 2023 per edifici in cui alla data del 30 giugno 2023 sarà stato eseguito almeno il 60% dell’intervento complessivo;
  • scadenza al 30 giugno 2023 per chi non avrà raggiunto il 60%.

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Cilas superbonus: per i condomini c’è tempo fino al 25 novembre 2022

Cilas superbonus: per i condomini c’è tempo fino al 25 novembre 2022 per usufruire dell’aliquota del 110%. Ecco come cambierà la normativa dopo il Decreto Aiuti Quater

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Il Decreto Aiuti Quater si appresta a cambiare profondamente la normativa del Superbonus, ne parliamo anche qui.

Tra le novità più importanti del decreto Aiuti Quater spicca senza dubbio l’addio alla maxi-detrazione al 110% per il prossimo anno. Una rivoluzione annunciata da tempo ma che è arrivata molto prima di quanto previsto. In effetti, ci si aspettava che questa novità entrasse in vigore solo dopo l’approvazione della Legge di Bilancio 2023. Le modifiche sostanziali varate dal governo Meloni sono state infatti approvate lo scorso 10 novembre e tra queste figura appunto la riduzione del bonus dal 110 al 90% a partire dal 1° gennaio 2023.

Ma le novità non si fermano di certo qui. Il novo decreto infatti introduce un regime transitorio di validità dell’aliquota del 110 % ed altre nuove regole per il 2023. Tra queste nuove regole spicca quella per la Clias superbonus per i condomini che avranno tempo di depositarla fino al 25 novembre se vogliono ottenere la maxi-detrazione. Oltre alla Cilas superbonus sono inoltre previsti nuovi limiti di reddito per accedere alla detrazione.

Abbiamo deciso di riassumere qui di seguito tutto quelle che c’è da sapere sulle novità approvate dall’esecutivo.

Il Superbonus scende dal 110% al 90% per i condomini

Per i condomìni, gli edifici composti da 2 a 4 unità, il decreto Aiuti Quater anticipa anticipa dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2022 la scadenza del 110%. In altre parole, l’aliquota della detrazione fiscale ammonterà al 90% a partire dal 1° gennaio 2023.

Nessuna modifica invece per quanto riguarda i successivi abbassamenti dell’aliquota di detrazione. Rimane confermata quella del 70% dal 1 gennaio fino al 31 dicembre 2024 e quella del 65% dal 1 gennaio fino 31 dicembre 2025. L’aliquota rimarrà al 110% fino al 2025 invece per tutti gli interventi realizzati dalle Onlus sulle strutture sociosanitarie. Precisiamo però che potranno accedere alla detrazione del 110% i condomini che presentino la Cilas superbonus entro il 25 novembre 2022 come specifichiamo più avanti.

Come cambia il superbonus per le villette

Novità in arrivo anche per quanto riguarda gli edifici unifamiliari. I proprietari delle villette dovranno anche rispettare i seguenti requisiti per avere accesso alla nuova detrazione al 90% per tutto il 2023:

  • i lavori possono essere effettuati solo sulla prima casa per poter richiedere il superbonus;
  • i richiedenti devono avere un reddito inferiore a 15mila euro annui, cifra che viene innalzata in base al quoziente familiare.

A questo proposito, la premier Giorgia Meloni si è espressa così in conferenza stampa:

“Abbiamo introdotto un principio sui redditi medio bassi che saranno calcolati non in base al tradizionale Isee ma in base alla composizione del nucleo familiare, in questa norma c’è un primo accenno di quoziente familiare”,

Per le villette unifamiliari rimane valida la detrazione del 110% fino al 31 marzo 2023 a patto che si rispetti una condizione fondamentale. Per accedere al 110% di detrazione infatti i richiedenti dovranno infatti aver completato il 30 per cento dei lavori entro il 30 settembre 2022.

Superbonus: la data del 25 novembre per la Cilas Superbonus

Se per il 2023 il quadro è abbastanza chiaro, resta da sciogliere il mistero su cosa accada fino alla fine del 2022. Per questo il Governo ha introdotto un regime transitorio in cui la detrazione rimarrà invariata per coloro che riusciranno a presentare la Cilas Superbonus entro il 25 novembre 2022. I condomini però dovranno anche aver già deliberato l’approvazione dell’esecuzione dei lavori. 

La regolare della presentazione della Cilas Superbonus è stata però duramente contestata dagli addetti ai lavori. Secondo Federica Brancaccio, presidente Ance – Associazione nazionale costruttori edili a Radio 24 Mattino, la modifica introdotta dal Governo:

 “blocca tutto, ma non è solo per le imprese ma quello che genera nelle famiglie, nei condomini, e potenziali, direi quasi certi, contenziosi, perché quando si mette la data del 25 novembre per la presentazione della comunicazione di inizio lavori, la comunicazione di inizio lavoro è l’ultimo atto di un lungo percorso nel quale si è fatto uno studio di pre-fattibilità, un progetto, tutto questo chi lo paga? Quello che arriva al pubblico è la sfiducia nella misura, penalizzando i condomini più disagiati che sono quelli che sono partiti per ultimi”.

La cessione dei crediti

Le misure approvate la settimana scorsa dal Governo non toccano il nodo della cessione dei crediti, che dunque rimangono bloccati.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha promesso però un rapido intervento in questa questione visto che a tutti gli effetti si tratta di un problema che ricade sulle spalle di molte imprese. In particolare ha rassicurato che il Governo sta definendo una via di uscita rispetto alla situazione attuale in merito allo stock di crediti d’imposta esistenti. Inoltre, il ministro ha poi sottolineato:

 “La cessione del credito è una possibilità, non un diritto. Tutti coloro che da ora ne vogliono usufruire hanno la certezza di potere usufruire della detrazione dei crediti dai redditi ma non possono avere la certezza che si trovi una banca o istituzione che li accetti. È passata l’idea che il credito d’imposta sia sostanzialmente moneta ma non è così, quindi chi deve fare un investimento deve valutare se l’impresa costruttrice o la banca sia disponibile a riconoscere il credito perché se non è così bisogna calcolare il progetto d’investimento in diverso modo”.

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