Comunità energetica rinnovabile: cosa è? Quali sono i vantaggi?

Comunità energetica rinnovabile: cosa è? Quali sono i vantaggi?

Cosa è una comunità energetica rinnovabile? Quali sono i vantaggi del farne parte? Ecco il punto della situazione

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L’Italia produce solamente il 35% dell’energia elettrica che consuma. Una quota decisamente troppo bassa per poter essere indipendenti da un punto di vista energetico. Ed è proprio questo il motivo per cui siamo costretti ad importare energia dagli altri paesi per poter soddisfare i nostri consumi. Tuttavia, questa situazione ci espone a dei rischi notevoli in quanto il prezzo dell’energia che i consumatori italiani pagano è soggetto a delle variazioni che non possiamo controllare.

Ad esempio, con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il prezzo del gas è salito alle stelle. Ma se il gas viene anche utilizzato per produrre elettricità, è normale che salga anche il prezzo di quest’ultima. In un contesto come quello attuale è quindi necessario cercare di fare in modo di riuscire sempre di più ad aumentare la quota di energia elettrica che produciamo. In sostanza è necessario fare in modo di aumentare la quota di energia auto-consumata.

In questo senso, possono tornare decisamente utili le comunità energetiche rinnovabili. Le C.E.R. (comunità energetiche rinnovabili), non sono solo un modo per produrre da soli l’energia che si consuma ma sono ben di più. Qualcuno infatti non ha esitato a definirle come uno strumento di “innovazione sistemica” vista la portata dei cambiamenti che potrebbe introdurre.

Ma cosa sono le comunità energetiche rinnovabili? Perché possono tornare così utili?

Abbiamo cercato di spiegarlo qui di seguito.

Cosa sono le comunità energetiche rinnovabili?

Le comunità energetiche rinnovabili, sono, come indica la definizione una

“coalizione di utenti che, tramite la volontaria adesione ad un contratto, collabora con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia attraverso uno o più impianti locali a fonti rinnovabili”.

Le C.E.R. quindi sono un gruppo di soggetti (comuni, condomini, famiglie, imprese o cooperative) capaci di produrre, consumare e condividere energia. In questo modo rispettano il principio di autoconsumo energetico e quello di autosufficienza, utilizzando impianti che producono energia pulita rinnovabile come appunto quelli fotovoltaici. E’ importante che l’impianto di produzione dell’energia in questione utilizzi le fonti rinnovabili. Del resto, così non fosse, le comunità energetiche rinnovabili non si chiamerebbero così.

Possono far parte di una comunità energetica tutti coloro, condomini o distretti produttivi, che sono allacciati alla medesima cabina primaria. Le reti che vengono sfruttate dalle C.E.R. sono quelle a media e bassa tensione già presenti nei nostri territori senza quindi bisogno di grandi investimenti in infrastrutture di distribuzione dell’energia. Anzi, la logica che governa queste reti, grazie alle comunità energetiche rinnovabili è destinata a rinnovarsi completamente. Il fatto di poter produrre l’energia che si consuma all’interno delle comunità, fa sì che le due categorie di utenti produttori e consumatori non esistano più. Tutti i cittadini, imprese o enti pubblici che fanno parte di una C.E.R. sono infatti destinati a diventare dei “prosumer” (consumer + producer).

E’ quindi abbastanza evidente come le comunità energetiche garantirebbero dei vantaggi per tutti. Non solo economici, limitando l’apporto di energia elettrica prelevato dalla rete elettrica nazionale e quindi spendendo meno per le bollette, ma anche ambientali. L’energia auto-consumata dai membri della comunità energetica rinnovabile infatti sarebbe completamente prodotta da fonti rinnovabili con 0 emissioni.

Come funzionano le comunità energetiche?

I membri di una comunità energetica rinnovabile possono essere suddivisi a loro volta in produttori di energia, coloro che effettivamente possiedono un impianto F.E.R. (come quello fotovoltaico) o consumatori, coloro che non ne possiedono uno. La novità delle C.E.R. sta nella possibilità di auto-consumare l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico, quanto nella possibilità di scambiare e accumulare energia tra i cittadini. In questo modo quindi tutti, famiglie, condomini, stabilimenti produttivi, cooperative, possono produrre e consumare l’energia che producono essendo di fatto indipendenti dalla rete elettrica nazionale.

I consumatori e produttori di energia che fanno parte di una comunità energetica, possono avere più o meno vantaggi economici. Ovvio che i produttori ne abbiano di più dei consumatori.

In particolare, i produttori potranno usufruire delle seguenti tariffe incentivanti:

  1. 100 €/MWh se l’impianto di produzione fa parte di una configurazione di autoconsumo collettivo;
  2. 110 €/MWh se l’impianto fa parte di una comunità energetica rinnovabile.

Sarà inoltre possibile remunerare l’energia immessa nella C.E. ottenendo il Prezzo Zonale Orario, pertanto la somma dei benefici varia ammonta a circa 0,16 cent di Euro per kWh.

Per quanto riguarda i consumatori invece, ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) ha definito la restituzione in bolletta di alcuni importi a fronte dell’evitata trasmissione dell’energia nella rete nazionale. Questi importi ammontano ad una cifra compresa tra gli 8 ed i 10 Cent di Euro per ogni kWh.

Altri incentivi per le comunità energetiche rinnovabili

Alle cosiddette “tariffa incentivanti” delle comunità energetiche rinnovabili, si aggiungono altri vantaggi economici. Proviamo a spiegarli qui di seguito:

  • L’accesso alle C.E.R. infatti consente l’accesso alle detrazioni fiscali riservate ai privati per l’installazione di impianti fotovoltaici. In particolare ci riferiamo all‘Ecobonus che prevede un’aliquota di detrazione del 50% per gli impianti fotovoltaici recuperabile in 10 anni. Tale aliquota può anche essere recuperata subito sotto forma di sconto in fattura consentendoti così di pagare la metà per l’installazione di un impianto fotovoltaico.
  • E’ inoltre possibile anche accedere al Superbonus 110% senza dover rinunciare alla tariffe incentivanti delle C.E.R.
  • Infine, se un impresa decide di entrare a far parte di una comunità energetica rinnovabile, potrà comunque usufruire del credito di imposta del 6% sul costo d’investimento fruibile, solamente in compensazione, in tre anni.  (50% in 10 anni o, con il cosiddetto superbonus, 110% in 5 anni). Per intenderci, se un’impresa spende 20mila euro d’impianto le spetta un credito d’imposta di 1.200 euro all’anno per tre anni.

A queste agevolazioni si aggiungono poi quelle previste dai decreti anti-rincari che via via i vari governi stanno approvando uno dietro l’altro.

Definizioni giurdiche

Le definizioni di “autoconsumo collettivo” e di Comunità di energia rinnovabile (CER) si ritrovano in una delle otto direttive europee che regolano i temi energetici (CEP Clean Energy Package). Nello specifico nella direttiva UE 2018/2001. Questa definisce la comunità energetica rinnovabile come:

“un soggetto giuridico” fondato sulla partecipazione aperta e volontaria, il cui scopo prioritario non è la generazione di profitti finanziari, bensì il raggiungimento di benefici ambientali, economici e sociali per i suoi membri o soci e per il territorio in cui opera.

Per garantire il suo carattere no profit, dunque, tra i membri delle CER non sono ammessi aziende del settore energetico (fornitori ed ESCO) se non come prestatori di servizi infrastrutturali e di fornitura. Inoltre, come chiarito dal documento citato in apertura, la CER

“può gestire l’energia in diverse forme (elettricità, calore, gas) a patto che siano generate da una fonte rinnovabile”.

Le comunità energetiche rinnovabili sono inoltre a tutti gli effetti un “soggetto di diritto autonomo”, pertanto devono essere dotate di un proprio regolamento o statuto. La normativa stabilisce che l’energia auto prodotta dalla CER deve essere utilizzata per l’autoconsumo o per la condivisione con i membri della comunità. L’energia in eccesso invece può essere accumulata e venduta tramite accordi di compravendita di energia elettrica, fermo restando il requisito indispensabile della connessione alla stessa cabina primaria.

Il quadro normativo delle comunità energetiche rinnovabili

Dopo la pandemia, ma anche dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’Unione Europea si è resa conto di dover far qualcosa di più in tema di sostenibilità e in tema di indipendenza energetica. Per questo, l’Unione Europea ha rivisto il programma RePowerEU rendendolo più ambizioso. In questo senso è stata aumentata la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili da raggiungere entro il 2030: dal 40 si è passati al 45%.

Aver definito questo obiettivo ambizioso a livello comunitario però implica anche diverse cose a livello italiano. In particolare, l’Italia dovrà rivedere il piano nazionale per l’energia e il clima (PNIEC) per allinearlo ai target europei. In particolare, è evidente come, per raggiungere questi obiettivi è necessario stimolare l’autoproduzione di energia per imprese industriali, agricole e comunità.

In tal senso, il governo italiano ha già recepito la la direttiva europea REDII che propone la soluzione della comunità energetica come strumento per la transizione ecologica. Con l’approvazione di questo decreto si allarga la portata potenziale delle C.E.R. permettendo loro di produrre maggiori quantità di energia elettrica e connettendo fra loro molti più utenti di quanto previsto a sua volta dal precedente decreto Milleproroghe. Oggi infatti la potenza massima degli impianti collegati alla comunità energetica rinnovabili ammonta ad 1 MW rispetto ai 200 kW previsti precedentemente.

Tuttavia le comunità energetiche rinnovabili stentano ancora a decollare. Mancano infatti ancora i decreti attuativi che di fatto rendono inapplicabili le “Regole tecniche per l’accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione dell’energia elettrica condivisa” del Gse.

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