Blocco cessione del credito: chi sono i responsabili e perché lo hanno fatto?
Cosa c’è dietro al blocco della cessione del credito d’imposta del Superbonus? Chi è il responsabile di tutto ciò?
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Il tanto temuto stop alla cessione del credito d’imposta relativo ai bonus edilizi è alla fine arrivato tramite il Decreto Legge n. 11 del 16 febbraio 2023. Assieme al blocco della cessione del credito, si fermano anche definitivamente le altre modalità alternative di fruizione dei crediti fiscali, In particolare si fermano anche:
- lo sconto in fattura,
- la possibilità, per le imprese, di fruire del credito d’imposta per il caro bollette.
Saranno salvi in ambito di Super bonus le abitazioni unifamiliari per le quali sia stata presentata la Cilas prima dell’entrata in vigore del provvedimento. Mentre per i condomini si guarderà la data della delibera. Per i lavori diversi dal 110% sarà essenziale avere richiesto il titolo abilitativo o iniziato i lavori prima dell’entrata in vigore del decreto.
Si introduce inoltre il divieto per le pubbliche amministrazioni di essere cessionaria di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con tali tipologie di intervento.
Se questi sono in poche parole i punti principali attorno a cui si sviluppa il nuovo Decreto Legge, è altrettanto vero che le conseguenze di tutto ciò non possono archiviarsi in poche parole. Abbiamo quindi cercato di riassumere il più chiaramente possibile le motivazioni che hanno portato il legislatore ad approvare tali misure e le conseguenze che esse potrebbero portare.
E’ vero che il Superbonus costa 2.000 euro per ogni italiano?
Per motivare la scelta di bloccare il meccanismo di cessione dei crediti d’imposta il Ministro Giancarlo Giorgetti ha affermato che il superbonus è costato 2.000 euro per ogni italiano.
Un’affermazione del genere non può non avere delle conseguenze pesanti sull’opinione pubblica. Facendo un rapido calcolo, dal momento che in Italia ci sono 60 milioni di persone, il Superbonus sarebbe costato circa 120 miliardi di euro. In realtà, questa cifra non riguarda solo il Superbonus ma anche e soprattutto tutti gli altri bonus edilizi messi insieme.
Tuttavia, se volessimo comunque considerarla come un’affermazione corretta, sarebbe opportuno considerare tutti gli effetti positivi generati dal Superbonus. Effetti positivi analizzati nelle analisi di Nomisma, Censis, Ance, Centro Studi CNI, Federcepicostruzioni, Cresme e della Fondazione Nazionale dei Commercialisti.
Soprattutto dall’ultimo report di Nomisma sarebbe emerso che i 71,8 miliardi euro investiti dallo Stato hanno generato:
- un impatto economico complessivo sull’economia nazionale pari a 195,2 miliardi di euro di cui:
- 87,7 miliardi di effetto diretto;
- 39,6 miliardi di effetti indiretti;
- 67,8 miliardi di indotto.
- un risparmio medio in bolletta pari a 964 euro all’anno;
- un incremento di 641.000 occupati nel settore delle costruzioni e di 351.000 occupati nei settori collegati.
Già nel 2022, l’Associazione Nazionale dei Commercialisti, aveva evidenziato come tramite il Superbonus l’effetto fiscale indotto dagli investimenti correlati al superbonus 110% è pari al 43,3% del costo lordo per lo Stato. In pratica, per ogni euro speso dallo Stato in bonus edilizi, ne ritornano sotto forma di maggiori imposte 43,3 centesimi, così che il costo netto per lo Stato è pari a 56,7 centesimi.
Le stime del Censis invece evidenziano come il gettito fiscale derivante dal Superbonus sia addirittura maggiore. Si stima infatti che possa ripagare circa il 70% della spesa a carico dello Stato per le opere di efficientamento sugli edifici. Ciò significa che 100 euro di spesa per Super ecobonus costerebbero effettivamente allo Stato 30 euro, ridimensionando in questo modo il valore reale del disavanzo generato dall’incentivo.
Dal credito d’imposta alla nascita di una nuova moneta fiscale
Dopo aver analizzato brevemente gli effetti positivi del Superbonus sull’economia, adesso proviamo a capire come mai il legislatore ha deciso per il blocco della cessione del credito d’imposta. Per farlo ricapitoliamo quali sono stati i principali cambiamenti apportati dal Decreto Rilancio.
Dopo l’approvazione di tale normativa in fatti i crediti fiscali hanno letteralmente cambiato funzione. Da una semplice detrazione fiscale (utilizzo in compensazione) sono diventati una vera e propria moneta fiscale. Il credito d’imposta generato dalla fruizione dei bonus edilizi infatti può essere ceduto diverse volte, a valori diversi rispetto al suo reale ammontare, diventando a tutti gli effetti il mezzo di pagamento delle stesse opere che andranno ad accrescere il valore del patrimonio del beneficiario.
Tale Decreto quindi ha avuto il vantaggio di sostenere l’economia e la ripresa su più fronti:
- ampliamento della platea degli aventi diritto (superbonus anche per coloro che non hanno nel breve periodo imposte o contributi da compensare o si trovano nella cc. dd. “no tax area).
- beneficiari della detrazione che possono effettuare uno o più interventi edilizi (accrescendo il valore del proprio fabbricato) senza pagare in denaro, o pagare solo in parte, il corrispettivo altrimenti dovuto.
- sostegno alla domanda di imprese, fornitori e professionisti appartenenti al mondo dell’edilizia e dello sviluppo immobiliare;
- nascita di un vero e proprio mercato della cessione del credito d’imposta dove si palesano ricavi per gli stessi cessionari che, pronti a liquidare il cedente, offrono prezzi di cessione sempre più accattivanti.
Il blocco della cessione del credito d’imposta è quindi da intendersi come un vero e proprio tentativo del blocco di questo mercato che si è venuto a creare attorno ai crediti fiscali. Ma come mai si è arrivati a tanto?
Blocco dei crediti d’imposta: la fondamentale Differenza tra deficit e debito pubblico
Prima di proseguire oltre nella nostra analisi delle motivazioni che hanno portato al blocco del mercato dei crediti d’imposta è opportuno chiarire i concetti di deficit e debito pubblico. E’ necessario chiarire questo concetto per un semplice motivo: il credito d’imposta può essere infatti utilizzato in compensazione fiscale. Questo significa sostanzialmente che può essere utilizzato al posto di pagare l’ammontare dovuto di tasse all’Agenzia dell’Entrate. Ciò, genera quindi dei disallineamenti rispetto alle previsioni di incasso dell’erario. Da questo punto, facciamo un passo indietro e spieghiamo brevemente la differenza tra deficit e debito pubblico.
- Il deficit o disavanzo pubblico è una voce che misura la situazione economica dello Stato di un Paese, per mezzo della differenza tra entrate e uscite in un determinato anno. Per questo è normalmente espresso in termini di percentuale del prodotto interno lordo (PIL) di quello stesso anno. Il deficit pubblico, essendo una differenza, può essere positivo o negativo. Se le spese sono maggiori delle entrate, la differenza (entrate – spese) sarà negativa. Viceversa, se il reddito è maggiore delle spese, la differenza (entrate – spese) sarà positiva. Quando la differenza è negativa si parla di deficit pubblico. Al contrario, quando la differenza è positiva si parla di avanzo pubblico.
- Il debito pubblico invece è la variabile a cui viene aggiunto o sottratto il deficit o avanzo pubblico anno per anno. Il risultato è il debito pubblico totale.
Alcune considerazioni sulla compensazione dei crediti d’imposta
A questo punto è chiaro come il concetto di debito pubblico sia molto diverso da quello di credito d’imposta. Il debito pubblico infatti non è legato direttamente ai crediti fiscali, motivo per cui il blocco del credito d’imposta non è efficace nel contenimento del debito.
Tuttavia resta pur sempre vero che i crediti d’imposta usati in compensazione possono diminuire le entrate dello stato derivanti dalla riscossione delle tasse. Se diminuiscono le entrate dello stato, il deficit ne risentirà negativamente. Per far luce sulla questione è necessario però ribadire quanto affermato dai chiarimenti di Eurostat che di fatto affermano quanto abbiamo appena espresso.
Chiarimenti di eurostat sulla cessione del credito e debito pubblico: crediti pagabili e non pagabili
Sono arrivati oramai da qualche giorno i primi chiarimenti di Eurostat sui crediti d’imposta del superbonus 110% ovvero subito dopo l’aggiornamento del “Manuale sul disavanzo e sul debito pubblico” redatto proprio dallo stesso ente.
In particolare, il credito d’imposta generato dal Superbonus non deve essere considerato come debito pubblico. L’impatto della misura ricade invece sul deficit a prescindere che la cessione dei crediti d’imposta possa classificarsi come “pagabile” o “non pagabile”. Si tratta, in altri termini, solo di collocamento temporale della spesa.
Luca Ascoli, direttore statistiche finanza pubblica di Eurostat, in audizione il 14 febbraio in Commissione Finanze e Tesoro del Senato, ha sottolineato che:
“La ‘pagabilita” o la ‘non pagabilita” di un credito non ha alcuna influenza né sul debito dello Stato, né sulla cifra finale totale da imputare come effetto sul deficit negli anni impattati da tale misura, ma solo sul profilo temporale dell’impatto sul deficit nel corso degli anni.
Per quanto riguarda il deficit vorrei sottolineare che l’impatto sul deficit dello Stato a lungo termine è esattamente lo stesso, identico, sia per il credito fiscale ‘pagabile’ che per quello ‘non pagabile’. Ciò che cambia è semplicemente il momento in cui ci sarà un impatto e non l’ammontare totale del costo della misura”.
Sempre secondo il direttore statistiche finanza pubblica di Eurostat, si è parlato di effetto enorme sul debito pubblico, stimato in 110/120 miliardi di euro in maniera impropria. Ciò si è verificato sostanzialmente perché è stato in primis il Direttore Generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Spalletta, a parlarne in maniera impropria. Ovviamente, tale narrazione sensazionalistica, è stata poi ripresa a piene mani dai giornali che hanno contribuito ad alimentare la narrazione del “Superbonus che costa 2000 euro ad ogni italiano” oppure quella del “Superbonus che fa lievitare il debito pubblico”. Ed è anche su questa spinta riportata dai giornali che si è arrivati al blocco della cessione del credito.
Credito fiscale pagabile e non pagabile
Il Manuale spiega anche cosa significa ‘credito fiscale pagabile’ e ‘credito fiscale non pagabile’:
- il credito di imposta pagabile è quello per cui la spesa da parte dello Stato deve essere riconosciuta all’inizio. In altre parole è quello che nasce al momento dell’attività (avvio lavori edili);
- il credito di imposta non pagabile è quello che non comporta una spesa immediata da parte dello Stato ma riduce le entrate fiscali dello Stato in futuro.
In Italia sarà l’Istat, entro il 1° marzo prossimo, a mettere nero su bianco le valutazioni del Governo e a quantificare il peso di tali somme per le casse pubbliche.
Stando alle attuali regole contabili quindi gli effetti del Superbonus sull’indebitamento netto si manifestano gradualmente, secondo la tempistica di fruizione dell’agevolazione. Nel biennio 2021-22 il disavanzo ha beneficiato in misura sostanziale delle maggiori entrate connesse con la crescita dell’attività economica nel comparto edilizio. Invece, i costi legati all’utilizzo dei crediti d’imposta maturati si registreranno invece in larga misura negli anni successivi ed è proprio per paura di questi costi che si è arrivati al blocco della cessione del credito.
Perché si è arrivati al blocco della cessione del credito?
Abbiamo quindi scoperto come un credito fiscale non incide mai sul debito pubblico ma solo sul deficit (la cui differenza è enorme). Cerchiamo di chiarire questo concetto con un esempio.
Immaginiamo che lo Stato decida di finanziare il superbonus pagando direttamente gli interventi. Considerato che non ha i soldi per finanziare i 65 miliardi di euro relativi agli investimenti finora ammessi a detrazione, dovrà farseli prestare da qualcuno. In questo caso contrae un prestito che si aggiunge al debito pubblico e sul quale deve pagare anche gli interessi.
Nel caso del Superbonus, però, la situazione è differente perché lo Stato non finanzia direttamente gli interventi ma chiede ai contribuenti di pagarseli per poi detrarli dalle tasse. La quota di superbonus annuale servirà a ridurre le tasse del contribuente in uno specifico anno e, quindi, anche le entrate annuali dello Stato. La possibilità di detrarre il costo dipende, però, dalla capienza fiscale del contribuente. Con la conseguenza che a bilancio la quota utilizzata si potrà conoscere solo dopo che il contribuente stesso l’avrà utilizzata.
Questo significa che cedendo il credito alle banche, saranno le banche ad utilizzarlo in compensazione e quindi per pagare meno tasse. Ma lo stato non potrà conoscere l’ammontare delle entrate a cui dovrebbe rinunciare prima che le banche la utilizzino. Quindi lo stato si troverebbe con disponibilità inferiori di quelle attese e potrebbe non riuscire a far fronte ai debiti contratti.
Ecco il vero motivo del blocco della cessione del credito che a tutti gli effetti assume i connotati di un regolamento di conti fra stato e banche. A farne le spese, come sempre, sono i privati cittadini beneficiari della detrazione e le imprese edili.
Le conseguenze del blocco della cessione del credito
Bloccare la cessione del credito significa innanzitutto consentire l’utilizzo del superbonus solo a chi possiede capacità economica e capienza fiscale, ovvero coloro che economicamente ne hanno meno bisogno.
Ma le conseguenze del blocco della cessione del credito sono devastanti per tutto il comparto edilizio. Come faranno le imprese ad ottenere la liquidità necessaria ad acquistare il materiale per proseguire i cantieri che hanno iniziato o pagare i propri dipendenti?
Capiamo ovviamente l’esigenza di regolamentare e prevedere la quantità di entrate fiscali a cui lo stato dovrebbe. Ma nel frattempo questi soggetti appena elencati come dovrebbero comportarsi? O meglio, ce la faranno a resistere ancora di più alle pressioni economiche a cui sono sottoposti?
Quello che è certo al momento è solo una cosa. Ogni volta che viene toccato il Superbonus viene sconvolta tutto il comparto economico italiano e tutti cadono nel caos più totale. I nostri politici riusciranno mai a normalizzare questa situazione tanto travagliata? Probabilmente no. Quello che possiamo fare è solo aspettare e far sentire la nostra voce.
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